Capitolo 0: Crepe, radici e autogestione.

L’edera si arrampica sugli edifici abbandonati, e una volta nata si espande senza chiedere il permesso, mattone dopo mattone, muro dopo muro. Mette radici in ogni crepa, tanto che è difficile trovarne un inizio e una fine, e ogni ramo si snoda e cresce traendo nutrimento da sé. Se viene recisa, da ogni singola foglia può rinascere una nuova pianta. Il processo è avviato.

Nasce l’Edera Squat, una casa occupata anarchica che rivendica la sua natura infestante. Occupare uno stabile abbandonato non è un ripiego, l’accomodamento di fortuna di chi ha provato a seguire i dettami di una società delirante e non ce l’ha fatta. È la scelta di intraprendere un’altra strada.

Il mondo moderno è votato a competizione e scalata della piramide sociale, in cui necessariamente qualcuno vince e qualcuno perde. In fondo funziona così, che ci si può fare? La norma non concede possibilità di scelte diverse dai binari predisposti: strisciare alla ricerca di successo e carriera, corsa al consumo e un bel funerale dignitoso, a coronare una vita di sopravvivenza.

C’è differenza tra quattro mura vuote, quattro mura anonimamente abitate e quattro mura con un nome, un ideale e un progetto.

All’Edera Squat vogliamo vivere in modo radicalmente diverso, sperimentando a partire da noi stessi un percorso di autogestione, azione diretta e relazioni orizzontali, consapevoli di essere parte di un processo e non un punto di arrivo. Autogestione come negazione di una realtà votata alla delega, che ci spoglia delle possibilità di scegliere come vivere i nostri spazi, tempi e vite. Azione diretta come affermazione che vogliamo essere noi stessi gli artefici del nostro destino e come abolizione dei ruoli di chi pensa, di chi comanda e di chi esegue. Relazioni orizzontali perché a rendere tutto ciò possibile è l’incontro tra individui, la complicità, lo scambio ed il confronto, l’assenza di gerarchie.

Continua…

 

18.11.2017