ECO n.2 – il carcere delle Vallette ai tempi del coronavirus

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Che l’emergenza sanitaria sarebbe arrivata anche in carcere lo sapevano tutti. La preoccupazione che le carceri diventassero focolai del Covid-19 aveva coinvolto i detenuti di tutto lo stivale e varcato le mura penitenziarie, portando amici, parenti e solidali a manifestare per la liberazione dei prigionieri (ne parlavamo sullo scorso numero di ECO, che puoi trovare su https://ederasquat.noblogs.org/striscioni-per-la-liberta-eco-evadere-comunicare-opporsi/

Le notizie circa la situazione all’interno sono arrivate con il contagocce. E non sono per nulla incoraggianti. Al carcere delle Vallette, dove ad inizio epidemia erano detenute circa 1600 persone rispetto alle 1062 di capienza prevista, il Covid ha colpito in modo particolarmente forte.Al 5 maggio, ultima data di cui abbiamo notizie, erano 67 detenuti positivi al Covid-19, di cui 13 ancora presenti nella struttura, più 10 agenti penitenziari in servizio. Nella palazzina dei semiliberi (ovvero chi lavora e può uscire di giorno) su 41 detenuti ne sono stati trovati positivi 35.

Le misure adottate nel carere torinese preoccupano ulteriormente. Nel numero 2 di ECO abbiamo provato a unire le varie fonti e notizie per cercare di delineare un quadro unitario della situazione.

(A fondo pagina il pdf da scaricare)

Chi può uscire?

In questo momento sta uscendo dal carcere chi presentava patologie pregresse (es. cardiopatici, immunodepressi, persone che si sottopongono alla dialisi). Queste persone vengono rilasciate, senza nessuna forma di cautela, in una bolla temporale (stop al conteggio delle ore detentive) fino al 25 Giugno. Queste persone possono spostarsi in un appartamento, nel caso ne dispongano o possano permetterselo. Nel caso contrario, vengono indirizzati ai dormitori per i senzatetto, nonostante anche questi sino diventati focali di Covid, perché anche in questi posti non è stata prevista nessuna misura di tutela.

E chi si ammala?

Chi si ammala viene monitorato per 48h dopo le quali viene fatto un tampone. Se la persona risulta positiva al Covid 19 può:

  • Essere scarcerati se ha una sistemazione (in affitto o dai familiari), senza tutela nei confronti delle famiglie stesse dei carcerati.
  • Essere spostati in una sezione del carcere riservata ai malati di Covid 19. Una sorta di “lazzaretto” interno al carcere. In questi giorni sono stati mobilitati 1000 posti di lavoro, per oss (operatori socio sanitari) che andranno a supportare i detenuti, non si sa bene con quale forma di contratto e di tutela.
  • Tutte le persone che erano nella stessa sezione detentiva di un positivo vengono poste in isolamento per 15 giorni, senza nessuna socialità con le altre aree. i pasti sono lasciati con un carello che poi saranno i detenuti stessi a portare dentro. Non si ricevono protezioni individuali, né una sanificazione delle aree.

Gestione interna dell’emergenza sanitaria

Insomma, i cancelli del carcere sono rimasti chiusi per la stragrande maggioranza dei detenuti, mentre la loro salute è messa repentaglio. Nell’ultimo mese, nel carcere di Torino:

  • Sono state bloccate le consegne di tutti i pacchi, nonché dei soldi (si possono solo più versare tramite bonifico, con evidenti ritardi nell’arrivo al destinatario).
  • Sono stati bloccati i colloqui con i familiari e gli amici
  • E’ stato vietato l’accesso delle figure professionali che operavano all’interno del carcere (avvocati, psicologi, etc), con i quali si può comunicare solo per via telematica
  • Alla richiesta di mascherine, sono stati forniti pezzi di stoffa ripiegati su sé stessi. Uno per detenuto, consigliando ai detenuti di lavarlo, vista l’impossibilità di richiederne ulteriori.
  • I detenuti sono stati unicamente sottoposti a misurazione della temperatura e della pressione sanguinea, senza sanificazione degli strumenti utilizzati tra un detenuto e l’altro
  • Nel blocco B, i detenuti che potevano uscire per motivi lavorativi sono stati privati di questa possibilità e spostati per paura di contagio
  • Sono state soppresse la socialità serale per ogni area, la socialità tra aree diverse e le attività interne al carcere (palestra, biblioteca, etc)
  • Le “sanificazioni” si sono limitate ai corridoi ad alle porte delle celle
  • Nella sezione dei Nuovi Giunti viene richiesto di firmare un modulo di autocertificazione circa il rischio di essere entrato a contatto con persone positive. Nel caso il modulo non venga firmato, le persone appena giunte in carcere vengono direttamente trasferite nella sezione “lazzaretto”
  • Chi entra in carcere è automaticamente sottoposto ad una quarantena di 15 giorni nella sezione dei Nuovi Giunti, a prescindere dal motivo dell’incarcerazione

Dentro e fuori

Il carcere ha presentato come misure sanitarie quelle che in realtà sono restrizioni ulteriori per la vita dei detenuti. Lo Stato ribadisce quali sono le sue priorità: non la salute delle persone, bensì la punizione, la repressione, il mantenimento di un ordine che tramite la violenza sui pochi vuole impaurire tutti.

Detenuti, familiari, amici e solidali si sono organizzati in questi mesi per raccontare le indegne situazioni imposte all’interno delle carceri italiane. Alcuni sono riusciti a urlare la loro rabbia, paura, voglia di libertà fuori e dentro alle mura delle prigioni.

Nessuna tutela, nessuna libertà verrà concessa dalle istituzioni. Solo conoscendoci, raccontando quanto accade ed organizzandoci tra di noi possiamo ottenere qualcosa di diverso: la tutela di chi ci è vicino, la salute di una persona qualsiasi, la possibilità di vedersi con i propri familiari, la libertà.

 Per racconti, critiche o per metterti in contatto con noi, scrivi a e-c-o@inventati.org

 

Qui l’opuscolo in versione da stampare, piegare e diffondere: eco2

 

 

Taduzione comunicato – le espulsioni sono cominciate, la ZAD lancia un appello di mobilitazione

Ripubblichiamo tradotto il comunicato degli occupanti della ZAD in seguito all’inizio delle espulsioni di questa mattina.

 

Lunedì 9 aprile 2018

Scongiurato per anni dal movimento, un nuovo tentativo di espulsioni dalla ZAD di Notre Dame des Landes è cominciato. Dalle 3 del mattino, l’operazione si è manifestata in tutta la sua brutalità: interminabili file di furgoni blu, carri blindati, lacrimogeni, le prime cariche e i primi arresti. Le forze dell’ordine hanno annunciato che ai giornalisti è severamente vietato l’uso di “qualunque dispositivo” e hanno loro bloccato l’ingresso alla zona. Hanno affermato che scattare fotografie è proibito e che i media dovranno accontentarsi da quelle fornite dalla polizia.

Queste espulsioni confermano la pretesa del governo a ristabilire la legge, mentre di fatto la calpestano brutalmente. La prefettura non si è degnata di lasciare la possibilità agli abitanti della ZAD di avere accesso al minimo garantito dalla legge sul diritto all’abitare, in questo caso all’accesso a procedure nominative e al diritto di contestare l’espulsione. Eppure gli abitanti della maggior parte della ZAD avevano più volte rivendicato l’appartenenza al luogo a proprio nome negli anni passati.

Il doppio gioco della Prefettura è evidente oggi in tutta la sua ipocrisia: annunciare la ricerca di una risoluzione “pacifica e serena della situazione” proprio mentre invia 2500 agenti a distruggere le abitazioni. Ci viene proposta una possibile soluzione che opera secondo categorie che sono pura fiction, che non rispondono a null’altro che ai bisogni di uno story telling repressivo nel quale si è rinchiuso il governo: qui non ci sono dei radicali da una parte e contadini dall’altra, ma un’inisieme di pratiche e modalità che si intrecciano per condividere questo territorio. Contrariamente a ciò che afferma Gérard Collomb, nessuno si è ancora regolarizzato individualmente a scapito degli altri nelle ultime settimane. L’insieme del movimento ha proposto un quadro di accordo collettivo per la totalità degli abitanti e dei progetti.

Ma il governo non poteva semplicemente ammettere che il progetto dell’aeroporto era inutile, bisognava assolutamente che si vendicasse di chi l’aveva forzato all’abbandono. La terra muore, le strutture economiche più brutali atrofizzano le nostre vite, e ovunque degli individui aspirano a uscire da questo stato di cose. Erano 30000 il 10 febbraio a mettersi in gioco per sostenere il futuro della ZAD. Ma il messaggio politico del governo questa mattina è molto chiaro: non sarà lasciata nessuna possibilità agli spazi di sperimentazione.

La nostra rabbia è grande questa mattina di fronte al disastro rappresentato dalla distruzione in atto di case e spazi di vita che abbiamo costruito qui.

La nostra inquietudine è grande all’idea che l’esperienza collettiva della ZAD sia messa in pericolo dall’ondata poliziesca. Ma la ZAD non sparirà. Noi abitiamo qui, abbiamo messo radici in questo bosco, non ce ne andremo. Nel 2012, l’opprimente arroganza dello Stato gli si ritorce contro. In un contesto di aumento di scioperi, manifestazioni, occupazioni in tutto il paese, scommettiamo che le espulsioni di Notre Dame des Landes diventerà un nuovo motore della rivolta che si diffonde qui e ora. Questa operazione di distruzione si ritorcerà di nuovo contro i suoi artefici.

Chiediamo a chiunque possa unirsi a noi da subito o nei prossimi giorni di venire alla ZAD. Più di 80 punti di raduno sono già previsti in tutta la Francia stasera, tra le altre a Nantes e Rennes alle 18. La risposta a queste espulsioni si troverà anche col tempo. Ci sarà una manifestazione a Nantes questo sabato, e un incontro alla ZAD è stato organizzato per questo weekend.